Parliamo del tempo, quello del lavoro e della vita privata. Quello on line e quello frontale. Quello scritto, i messaggi, i social. E ancora, quello dei processi d’impresa. Ci sono diversi livelli di tempo che si intersecano e moltiplicano. Così come le complessità nella sua gestione e ottimizzazione. Ne parliamo con Sabrina Toscani, esperta formatrice e fondatrice di Organizzare Italia.
La società digitale con le sue stratificazioni multidimensionali riscrive il concetto stesso del tempo delle persone e quindi delle organizzazioni. E’ così?
La società digitale influisce profondamente sul nostro rapporto con il tempo e sulla sua gestione, rendendola al contempo più ricca e decisamente più complessa. I cambiamenti rapidi impongono un ritmo nuovo e inedito, che spesso rischia di travolgerci. Allo stesso tempo le soluzioni digitali promettono di aiutarci a gestire meglio il tempo e di semplificarci la vita: promesse che in alcuni casi vengono mantenute, in molti altri deludono le aspettative complicandone la gestione. Un dato è certo: la maggior parte di chi lavora lamenta una costante mancanza di tempo e desidererebbe giornate più lunghe per riuscire a far fronte agli impegni. La visione tradizionale della gestione del tempo non è più adeguata di fronte alle nuove condizioni: diventa quindi necessario, direi vitale, per persone e organizzazioni trovare nuovi paradigmi in grado di riscrivere il concetto stesso di tempo e affrontare in modo più efficace il problema, da sempre attuale, della sua gestione.
Quali sono le principali sfide legate alla gestione del tempo nei processi aziendali?
La suddivisione e pianificazione del lavoro, l’allocazione e valorizzazione delle risorse, la definizione degli obiettivi e il raggiungimento dei risultati rappresentano le grandi sfide per ogni azienda e team di lavoro. Tutto questo dipende dalle persone, ed è la gestione del tempo di ciascun individuo a risultare cruciale per garantire processi aziendali davvero produttivi, in cui gli output generati siano proporzionati agli input impiegati. Ogni persona è un anello della catena, e la qualità della sua gestione del tempo incide direttamente sulla fluidità del lavoro complessivo. Se anche solo un anello si muove a un ritmo diverso, l’intero sistema ne risente. Nel nostro paese, forse per ragioni culturali, tradizionali o per schemi mentali consolidati, ciascuno tende a seguire un proprio ritmo del tempo, mettendo così in difficoltà anche le strutture organizzative più efficienti. Alla fine un risultato si raggiunge comunque, ma a quale prezzo? Quante risorse, aziendali e personali, vengono disperse lungo il percorso? Si continua a sottovalutare l’impatto che la gestione del tempo ha sulla vita di chi lavora, non solo in termini operativi, ma anche, e soprattutto, sul piano emotivo.
Quali strumenti o metodologie si possono utilizzare per ottimizzare la gestione del tempo sia dal punto di vista tattico che strategico?
A mio avviso, i punti di partenza sono due. Il primo è rimettere al centro l’organizzazione e la semplificazione personale. La gestione del tempo è, infatti, una questione profondamente individuale: ciascuno si organizza in modo diverso, e il metodo deve essere costruito su misura. Tuttavia, è l’azienda a dover innescare e sostenere questo rafforzamento, riconoscendo, valutando e allenando le competenze di gestione del tempo di ogni persona. Farlo non significa solo rendere i processi aziendali più fluidi e ridurre la dispersione, ma anche contribuire alla sicurezza, all’equilibrio e al benessere individuale. Il secondo punto riguarda le tecnologie. Spesso vi si ricorre con entusiasmo, sia a livello individuale che aziendale, ma senza una strategia, finendo per aggiungere ulteriore complessità alla gestione del tempo. Le soluzioni digitali, come l’intelligenza artificiale, possono davvero aiutarci a risparmiare tempo (o meglio allocarlo in modo più mirato) solo se vengono integrate con metodo e consapevolezza. Per questo è fondamentale partire dalla persona, e dalle sue reali esigenze, prima di scegliere quali strumenti adottare. In caso contrario, si corre il rischio di piegare il proprio tempo ai ritmi e alle logiche delle tecnologie, finendo per seguirne scopi e tempi che spesso non coincidono con quelli individuali e aziendali.
In che modo la gestione efficace del tempo influisce sulla produttività dei team e sul raggiungimento degli obiettivi aziendali?
Nella gestione del tempo prevale ancora la convinzione che fare molte cose equivalga a essere produttivi. Tendiamo a considerare più meritevole chi è sempre attivo, in movimento, chi fa straordinari, quindi chi riempie molto visibilmente il suo tempo, presupponendo che produca di più e vada quindi premiato. Ma perché non valorizzare invece chi sa usare meglio il proprio tempo, chi lo organizza in modo efficace e quindi impiega in modo più intelligente le risorse a disposizione? Si potrebbe obiettare che valutare questa seconda modalità sia più complesso. È vero che non si tratta di una valutazione tradizionale, ma non per questo è necessariamente più difficile; ciò che realmente complica le cose è la presenza di bias radicati che derivano dalla visione convenzionale della gestione del tempo. Va anche detto che la velocità e la frenesia tipiche dell’approccio tradizionale spesso compromettono la qualità dei risultati, aumentando il rischio di errori, a volte recuperabili, altre no. È facile intuire quanto questo influenzi negativamente la produttività dei team e ostacoli il raggiungimento degli obiettivi aziendali, oltre a rendere la vita lavorativa del singolo più complessa e meno soddisfacente.
Come affrontate i cambiamenti improvvisi o le emergenze che potrebbero influire sulla pianificazione del tempo aziendale e alterare i programmi stabiliti?
Tratterei cambiamenti ed emergenze come due concetti distinti. Le emergenze sono eventi imprevisti che accadono nonostante programmazione e pianificazione (o forse a volte a causa di una carente programmazione e pianificazione), arrivano all’improvviso, sono inaspettate e richiedono una gestione immediata, spesso a caro prezzoI cambiamenti, invece, sono eventi certi ma dal momento e dalla forma incerta. Sappiamo che accadranno, ma raramente sappiamo quando o come. Eppure, dovremmo aspettarceli e prepararci ad affrontarli (anche se il nostro cervello tende a evitarne il pensiero, per sua natura orientato alla stabilità). In entrambi i casi una buona gestione del tempo rappresenta un potente strumento di preparazione e resilienza, sia per le persone sia per le organizzazioni. Quando il tempo è organizzato con criterio, si presta maggiore attenzione alla strategia e alla tattica, si ha più consapevolezza delle risorse disponibili e si sviluppa una visione d’insieme più chiara e controllata. Tutto questo consente di risparmiare energie da destinare alle vere emergenze e di affrontare i cambiamenti con maggiore lucidità – magari persino anticipandoli, prima che siano loro ad avere il sopravvento su di noi.
Come (e se) misurare il successo della gestione del tempo, considerando anche fattori come rispetto delle scadenze, qualità delle operazioni e la riduzione degli sprechi?
Come accennato in precedenza, misurare il successo nella gestione del tempo appare ancora oggi un’impresa complessa. La via più semplice, e ancora la più diffusa nonostante i profondi cambiamenti degli ultimi anni, resta il conteggio delle ore lavorate. Tuttavia questa visione non è più adeguata alle esigenze attuali ed è diventato necessario individuare nuove modalità di valutazione. Non credo esista un modello universale valido per tutte le aziende. Al contrario, ritengo che ogni team e ogni organizzazione debba costruire il proprio metodo di lavoro e i propri più efficaci modi per gestire questa risorsa. La formazione all’organizzazione personale rappresenta, a mio avviso, l’unica via concreta per trovare risposte che nascano “dal basso”, cioè dalle persone stesse. È proprio questo approccio partecipato che ne favorisce l’accoglienza, l’interiorizzazione e, nel tempo, stimola riflessioni più ampie anche su possibili trasformazioni strutturali dell’organizzazione. Va detto, però, che questo processo non è spontaneo: deve essere una scelta consapevole dell’azienda, che lo deve incoraggiare, facilitare, monitorare e aggiornare costantemente. La buona notizia è che si tratta di un percorso più semplice di quanto si immagini: spesso bastano piccoli cambiamenti nei comportamenti e nelle abitudini, individuali e collettive, per ottenere risultati significativi e duraturi, sia per le persone che per le organizzazioni.
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