Ey stima una possibile riduzione cumulata del prodotto interno lordo fino a 1,1 punti percentuali entro il 2026.
I dazi rallentano la crescita, ma al momento non si prospetta una recessione. Secondo le stime di EY, il Pil italiano dovrebbe aumentare dello 0,4% nel 2025 e dello 0,7% nel 2026, trainato principalmente da una ripresa dei consumi privati. Tuttavia, l’attuale incertezza geopolitica e commerciale potrebbe avere un impatto negativo sull’andamento dell’economia: si stima infatti una possibile riduzione cumulata del Pil fino a 1,1 punti percentuali entro il 2026.
I dazi provocano un rallentamento globale
Secondo Nicola Nobile, associate director di Oxford Economics i dazi hanno innescato “un forte rallentamento a livello globale, ma per ora non una recessione. L’economia statunitense, con i dazi effettivi in crescita verso il 15%, rimane quella più colpita dalle politiche commerciali e crescerà circa dell’1,5% quest’anno e il prossimo, al di sotto del suo tasso di crescita potenziale. L’Eurozona è vista crescere poco al di sotto dell’1% quest’anno, frenata principalmente dalla domanda estera. Inoltre, nonostante gli ultimi accordi tra l’amministrazione Trump e altri paesi, per esempio la Cina, l’incertezza continua a pesare negativamente sugli investimenti delle imprese, che ci aspettiamo rimanere deboli per tutto il corso dell’anno”.
“Nel 2025 per l’Italia prevediamo una crescita moderata del Pil (+0,4%), trainata dai consumi privati a loro volta sostenuti da un mercato del lavoro in ripresa, seppure con un numero di inattivi superiore alla media europea. Gli investimenti sono attesi ridursi, penalizzati dalla fine degli incentivi pubblici, non ancora compensati dalla crescita degli investimenti in stabilimenti, macchinari e ricerca. Nel 2026 ci aspettiamo un lieve miglioramento con una crescita dello 0,7%. Queste previsioni sono soggette ad elevata incertezza, se si considera che gli shock di politica commerciale possono ridurre il livello del Pil cumulato al 2026 di circa 1,1 punti percentuali”, ha commentato Mario Rocco, valuation, modelling and economics leader di EY in Italia.
Lo scenario internazionale
Le politiche statunitensi commerciali sono un freno alla crescita globale. E anche se la riduzione temporanea dei dazi tra Stati Uniti e Cina implica che le tariffe tra le due economie si assesteranno ad un livello più basso di quanto ipotizzato in precedenza.
Inoltre, data l’incertezza dell’accordo statunitense con la Cina e con il Regno Unito, il rischio di un’eventuale revisione o cancellazione comporta un livello di rischio ancora elevato, che rappresenta un freno per gli investimenti. A questo proposito, Oxford Economics stima per gli Stati Uniti una crescita attorno all’1,5% nel 2025 e 2026, pertanto al di sotto del suo tasso di crescita potenziale. Oltre ai dazi e in conseguenza di essi, l’elevata incertezza, le difficoltà sulle catene di approvvigionamento e le condizioni finanziarie più restrittive, rimangono i fattori principali che limitano la crescita statunitense. Inoltre, è atteso che i rischi di recessione rimangano alti da qui all’inizio del prossimo anno.
In Italia
Secondo EY, la crescita nel 2025 in Italua sarà supportata da una ripresa dei consumi privati (0,9%, con un contributo alla crescita di 0,5 punti percentuali); un contributo negativo sarà invece determinato dagli investimenti (-0,1 punti percentuali), e dalla domanda estera (-0,8 punti percentuali). Il contributo negativo della domanda estera è in parte anche il riflesso dell’incertezza commerciale attuale e prospettica. Nel 2026 si attende invece una crescita del Pil più solida (0,7%), con dinamiche simili a quelle viste per il 2025.
Gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di riferimento per i prodotti italiani, con un valore di circa 65 miliardi di euro al 2024, ma il principale partner rimane l’Europa grazie alle esportazioni per 392 miliardi su un totale di 623 miliardi al 2024. L’esposizione al mercato statunitense è tuttavia eterogenea a seconda del comparto industriale considerato.
Nel complesso, al 2026 il Pil dell’Italia potrebbe segnare una riduzione cumulata fino a 1,1 punti percentuali a seguito delle politiche protezionistiche statunitense, che si accompagnerebbe a un rallentamento dell’inflazione a seguito della minore attività economica. Queste stime rimangono tuttavia soggette a un clima di forte incertezza internazionale, considerate anche le contrattazioni in corso in merito alle misure protezionistiche da parte degli Stati Uniti.