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19 giugno 2025
T. Rowe Price analizza quattro possibili scenari del conflitto Israele-Iran e le implicazioni per petrolio e mercati obbligazionari del Medio Oriente.
A cura di Razan Nasser, Credit Analyst, e Peter Botoucharov, Credit Analyst, T. Rowe Price
Il conflitto tra Israele e Iran è una situazione altamente instabile con diversi possibili esiti geopolitici. Di seguito, illustriamo quattro possibili scenari su come potrebbe evolversi il conflitto, seguiti dalle potenziali implicazioni per i mercati petroliferi e obbligazionari della regione.
I quattro possibili esiti del conflitto attuale
Scenario di confronto controllato
In questo scenario, entrambe le parti continuano a scambiarsi attacchi senza il coinvolgimento degli Stati Uniti o di altre potenze esterne. Gli scontri potrebbero diminuire quando Israele riterrà di aver inflitto danni sufficienti alle capacità militari dell’Iran, il che potrebbe richiedere diverse settimane o potenzialmente diversi mesi. Tuttavia, scontri sporadici potrebbero persistere anche oltre questo periodo.
Probabilmente rimarrebbero elevate le preoccupazioni sul tentativo dell’Iran di ricostituire il proprio programma nucleare. Anche se l’Iran perdesse potenza di fuoco e gli attacchi diventassero unilaterali, il Paese potrebbe sopportare la situazione e cercare di trovare il modo di rispondere e ricostituirsi. In questo scenario, l’impatto del conflitto rimarrebbe limitato alle attività regionali, ma vi sarebbero rischi di danni collaterali alle strutture petrolifere della regione o ad altri obiettivi. In questa fase, a nostro avviso, questo è lo scenario più probabile.
Conflitto più ampio che coinvolge gli Stati Uniti
Finora gli Stati Uniti si sono astenuti dall’intervenire direttamente nel conflitto. La situazione potrebbe cambiare se le risorse militari statunitensi nella regione fossero attaccate o se l’approvvigionamento energetico dalla regione fosse minacciato. È un rischio significativo che, se si verificasse, avrebbe probabilmente ripercussioni più ampie sui mercati. Non è garantito inoltre che il coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto porterebbe a una conclusione decisiva. In questa fase, riteniamo che si tratti di uno scenario con probabilità media.
L’Iran fa un passo indietro e si avvicina agli Stati Uniti
Ciò potrebbe indurre gli Stati Uniti a esercitare pressioni su Israele affinché accetti un cessate il fuoco e riprenda i negoziati sul nucleare. Si tratterebbe di un esito costruttivo, ma riteniamo che la probabilità che ciò avvenga sia bassa. Infatti, sebbene l’Iran possa essere disposto ad accettare un cessate il fuoco in cambio di negoziati sul nucleare, che gli consentirebbero di prendere una pausa dai combattimenti e di ricostituirsi, Israele ha pochi incentivi ad accettare un accordo del genere. In definitiva, sarebbe difficile immaginare che l’Iran accetti di rinunciare alle sue capacità nucleari e ai missili balistici, poiché ciò sarebbe percepito internamente come una resa totale a Israele.
Crollo del regime iraniano
In questa fase, attribuiamo una bassa probabilità a questo esito, con l’avvertenza che i cambiamenti di regime politico sono difficili da prevedere.
Implicazioni per gli investimenti: impatto regionale e petrolio
Il Medio Oriente sarà colpito in misura diversa dal conflitto. Uno sviluppo negativo per tutti sarebbe l’interruzione del traffico nello Stretto di Hormuz, uno stretto braccio di mare che consente il trasporto di circa un terzo delle forniture mondiali di petrolio via mare.
Per quanto riguarda il petrolio, finora gli obiettivi sono stati limitati agli impianti energetici nazionali; nessun barile di petrolio esportato è stato ancora colpito. Gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita hanno la capacità di aggirare lo stretto per gran parte delle loro esportazioni, ma non è così per l’Iraq e il Kuwait. Il rischio che lo stretto di Hormuz venga bloccato è limitato, ma il conflitto potrebbe dissuadere i trasportatori e gli assicuratori dall’utilizzare questa rotta.
Con i rischi orientati al ribasso, i mercati obbligazionari regionali del Medio Oriente sono a nostro avviso troppo ottimisti. È improbabile che il conflitto si risolva nel breve termine. Ai prezzi attuali, riteniamo che gli investitori non siano adeguatamente compensati. Ad esempio, le obbligazioni e il credito dei governi locali israeliani devono affrontare un aumento del rischio geopolitico, un potenziale deterioramento delle finanze pubbliche e un maggiore fabbisogno di finanziamenti. Nel complesso, il contesto rimane altamente incerto. Continuiamo a monitorare l’evoluzione della situazione per valutare le implicazioni per i mercati finanziari.