Il Paese registra anche l’ingresso di Ntt Data, che ha acquisito un sito di 21 ettari a Milano per costruire un data center da 128 MW.
L’Italia si sta confermando come un mercato in rapida crescita per i data center, con investimenti potenziali che potrebbero raggiungere 23 miliardi di euro entro il 2030 e arrivare a 158 miliardi entro il 2040. Il Paese si sta affermando come hub strategico nel panorama europeo, come dimostra la presenza di Ntt Data, che ha acquisito un sito di 21 ettari a Milano per costruire un data center da 128 MW.
Investimenti
Il progetto rientra in un maxi-investimento globale da 10 miliardi di dollari, con cui la società punta a sviluppare quasi un gigawatt di capacità nei principali mercati internazionali entro il 2027, rispondendo alla crescente domanda di infrastrutture hyperscale e soluzioni pronte per l’intelligenza artificiale.
In questo scenario di forte espansione del settore, realtà italiane come Unidata (che gestisce due data center attivi e prevede l’avvio di un terzo entro il 2025, offrendo servizi di cloud pubblico, privato, ibrido, co-location, disaster recovery e hosting) e Convergenze (attiva con propri data center dedicati ai servizi di housing, giocano un ruolo chiave nello sviluppo della capacità digitale nazionale).
Nello specifico, secondo l’analisi del Community Data Center di Teha Group (The European House – Ambrosetti), l’Italia potrebbe addirittura diventare la quinta potenza europea (7,6% del mercato continentale) e la dodicesima al mondo perché “ha il vantaggio di poter sfruttare un modello energetico unico, basato su un mix di fonti energetiche diverse”. Una condizione favorevole che potrà abilitare “23 miliardi di euro di investimenti in costruzione, approvvigionamento e riempimento di server IT per nuove infrastrutture entro il 2030, triplicando inoltre i posti di lavoro nel settore”.
Il nodo normativo e il caro energia
“Il potenziale per diventare un hub tecnologico di riferimento in Europa non manca”, racconta a Forbes Italia Alessandro Viviani, associate partner di Teha Group, incontrato in occasione del Technology Forum che si è tenuto a Stresa. E continua: “Tuttavia ci sono nodi da scogliere come normative troppo lunghe, il caro energia, la necessità di investire nel capitale umano per colmare la carenza di personale qualificato e soprattutto l’urgenza di realizzare infrastrutture in grado di distribuire l’energia in modo efficiente. Infine bisognerebbe anche valorizzare le filiere strategiche”. Sta di fatto che, entro il 2028, il volume dei dati passerà da 149 a oltre 394 zettabyte (un zettabyte equivale a 1.000 miliardi di gigabyte) e il consumo energetico dei data center è destinato a crescere di 6 TWh.
C’è quindi la necessità di migliorare la connettività, semplificare i processi autorizzativi e ridurre i costi energetici (oggi le imprese italiane pagano uno dei prezzi dell’elettricità più alti al mondo, circa 0,54 euro/kWh), oltre che attrarre e formare capitale umano qualificato. In Italia, infatti, solo il 18,5% dei giovani tra i 20 e i 29 anni possiede una laurea in materie Stem (quota al di sotto di quella europea, che si attesta al 23%).
Quali soluzioni?
Tra il 2020 e il 2028, a fronte degli aumenti dei consumi energetici dei data center, la produzione da fonti rinnovabili aumenterà di 42 TWh, ma la mancanza di infrastrutture adeguate rischia di vanificare questo potenziale. Tra le soluzioni emerge la creazione di un Net Zero Digital Energy Hub, un modello integrato di pianificazione territoriale che concentri gli investimenti in infrastrutture IT ed energetiche.
Un modello integrato di pianificazione territoriale che concentri gli investimenti in infrastrutture IT oltre che energetiche e sfrutti risorse diversificate. Tecnologie come idrogeno, biometano e sistemi di cattura e stoccaggio della CO2, integrate per garantire tempi certi, minimizzare l’impatto ambientale e assicurare flessibilità. La realizzazione di isole energetiche indipendenti dedicate ai data center potrebbe infine migliorare la sicurezza energetica, riducendo la competizione con altri settori e garantendo un approvvigionamento stabile.
“I data center sono motori d’innovazione”
Ha concluso Viviani: “I data center sono motori d’innovazione e un’occasione per rafforzare l’economia, dato che stimolano occupazione qualificata e investimenti in settori come impiantistica e real estate. Per farlo, serve una visione chiara e una collaborazione interfiliera: un dialogo strutturato che coinvolga tutti gli attori della catena del valore, dalla gestione dei dati alle infrastrutture energetiche, fino al settore pubblico”. In particolare, il sistema energetico può reggere la domanda solo con una strategia che tenga conto delle criticità. A cominciare dai tempi: l’adeguamento infrastrutturale richiede anni, mentre i tempi di pianificazione e realizzazione sono generalmente tra 18 e 24 mesi. Inoltre, il modello attuale, basato su investimenti “on-demand”, non è più sostenibile. “Le richieste di connessione alla rete ammontano a circa 40 GW: si rischia un potenziale raddoppio del fabbisogno elettrico nazionale senza un piano che orienti gli investimenti in modo razionale”, precisa.
Secondo Teha, la Lombardia sarà la regione protagonista. Dei 513 megawatt di capacità installata in Italia al 2024, ben 317 MW si trovano in Lombardia (61,8% del totale), con 238 MW concentrati nella sola Milano (46,4%), posizionando la città tra le principali piazze emergenti in Europa. Va detto, però, che anche la regione Lazio sta acquisendo importanza nel panorama dei data center con la capacità IT di Roma che cresce ad un CAGR del 45%. E ancora, l’Italia meridionale “potrebbe offrire opportunità chiave grazie alle rotte internazionali dei dati e dal suo legame geo-politico con l’Africa”.