Per la Costituzione italiana: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.” Tuttavia, le donne nel settore del vino continuano a confrontarsi con disparità significative in termini di salario, opportunità di carriera e trattamento sul posto di lavoro.
Dietro le etichette di prestigio e le degustazioni d’élite, si nasconde una realtà meno nota: il divario di genere. Ancora oggi, le donne che lavorano nel mondo del vino devono affrontare discriminazioni, ostacoli alla carriera e, in molti casi, vere e proprie forme di violenza e abusi. Dati allarmanti emergono da recenti ricerche, mettendo in luce una disparità strutturale che necessita di un cambiamento immediato e profondo.
Le statistiche parlano chiaro: il gender gap nell’industria del vino è una questione reale e diffusa a livello globale. Secondo un’indagine di Women in Wine, il 49% delle donne che lavorano nel settore ha subito almeno una volta nella carriera atteggiamenti violenti, mentre uno studio della Fondazione Libellula denuncia che il 79% delle donne osserva gli uomini essere promossi più rapidamente, anche quando possiedono meno esperienza o competenze.
Queste cifre trovano conferma in ricerche internazionali. Secondo una pubblicazione di Wine Business Monthly, le donne occupano solo il 10% delle posizioni di leadership nell’industria vinicola mondiale, nonostante rappresentino una parte significativa della forza lavoro. Inoltre, un report di Curious Vines, la rete fondata da Queena Wong, evidenzia che il divario salariale medio tra uomini e donne nel settore vinicolo è del 10%, una percentuale che varia a seconda del Paese e del livello di responsabilità della posizione lavorativa.
Ma perché il settore del vino è così lento nel colmare il divario di genere? Le cause sono molteplici e affondano le loro radici in fattori culturali, strutturali e storici.
Molte donne del settore stanno prendendo la parola per denunciare queste problematiche. Queena Wong, fondatrice di Curious Vines, ha evidenziato come molte professioniste del vino abbiano difficoltà a costruire reti di supporto e mentorship a causa della predominanza maschile nel settore. “Quando una donna entra in un’azienda vinicola, deve lavorare il doppio per ottenere la metà del riconoscimento”, ha dichiarato in un’intervista.
Anche in Italia, numerose voci si stanno facendo sentire. L’Associazione Nazionale Le Donne del Vino, che conta oltre 900 associate tra produttrici, sommelier e giornaliste di settore, è in prima linea nel denunciare le disparità e nel promuovere progetti di formazione e sensibilizzazione.
Sebbene il problema sia complesso, esistono diverse strategie per affrontarlo e costruire un settore più equo e inclusivo.
Il settore vitivinicolo è ricco di talento femminile, ma troppe donne sono ancora escluse dalle opportunità che meriterebbero. Il gender gap non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di competitività: le aziende che promuovono l’uguaglianza di genere tendono ad essere più innovative e performanti.
Il cambiamento, però, richiede l’impegno di tutti: produttori, consumatori, associazioni e istituzioni. Solo attraverso una presa di coscienza collettiva e azioni concrete sarà possibile colmare il divario di genere e costruire un futuro in cui il vino sia davvero di tutti e per tutti.
L’industria del vino ha davanti a sé una sfida importante, ma anche un’opportunità unica: dimostrare che tradizione e innovazione possono convivere in un contesto di pari opportunità. Il futuro del vino sarà davvero sostenibile solo se sarà anche equo e inclusivo.
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