Articolo tratto dal numero di dicembre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
Laureato in ingegneria elettronica, telerilevamento e sistemi radar alla Sapienza di Roma e in strategia alla Graduate School of Business della Stanford University, Massimo Claudio Comparini è da poche settimane il direttore della space business unit di Leonardo, nonché presidente del cda di Thales Alenia Space, azienda che ha guidato nei quattro anni precedenti. Romano per origine e fede calcistica – cosa che ribadisce almeno quanto la sua passione enogastronomica -, è fra i nomi più noti del settore da oltre 40 anni. Entrato nel 1983 nell’allora Selenia Spazio (poi diventata Alenia Spazio), Comparini è stato coinvolto, direttamente o come responsabile, in programmi afferenti quasi ogni segmento della filiera. È una ragione valida per capire, attraverso le sue parole, la visione strategica non solo di un gruppo industriale, ma di un comparto.
Iniziamo con una domanda personale: che cosa ha trovato e cosa pensa di aver lasciato a Thales Alenia Space?
Thales Alenia Space è l’azienda in cui ho iniziato a lavorare più di 40 anni fa. Da allora lo spazio si è evoluto, ma l’azienda è sempre rimasta all’avanguardia. Per me è stato un onore guidare questa eccellenza e spero di aver contribuito alla sua crescita, il merito della quale va però alle migliaia di colleghi, con cui è stato un vero privilegio collaborare.
Secondo quanto emerso a giugno dalla presentazione del piano industriale, Leonardo considera lo spazio un settore centrale. In concreto che cosa significa?
Accanto all’evoluzione dei settori core, elettronica per la Difesa e velivoli ad ala fissa e rotante, e insieme con digitale e cybersecurity, lo spazio rappresenta uno dei capisaldi del piano industriale 2024-2028 del gruppo. Attraverso la convergenza delle tecnologie spaziali e digitali, la nuova divisione spazio ha l’obiettivo di far diventare Leonardo un leader europeo e un attore globale nei segmenti a elevato valore aggiunto, con ricadute positive sull’intero ecosistema industriale e sui territori. Questo implica un investimento in tecnologie e nuove competenze. Si prevede di incrementare le capacità ingegneristiche e tecnologiche, in particolare nell’ambito della cybersecurity, dell’intelligenza artificiale, del cloud e della data analysis, di espandere le attività internazionali e rafforzare la Space Alliance (che lega la francese Thales a Leonardo dal 2005, ndr), e di puntare a un potenziamento dei servizi spaziali, come osservazione della Terra e comunicazioni satellitari. Sarà necessaria anche una maggiore integrazione tra manifattura e servizi, il cosiddetto downstream, in termini di soluzioni integrate, anche mettendo a sistema l’innovazione diffusa e le ricerche dei nostri Innovation Labs.
Quali sono gli obiettivi e quali gli orizzonti imminenti ai quali darete la priorità?
Con la space economy in crescita esponenziale, l’obiettivo è cogliere maggiormente le opportunità del mercato, ponendoci al centro dei progetti dell’Agenzia spaziale europea e della Commissione (come Galileo, Copernicus e, sperabilmente, Iris2) e aumentando le collaborazioni internazionali. Per quanto riguarda gli orizzonti imminenti, uno dei programmi più importanti è la costellazione Iride per l’osservazione della Terra, nel quale, a livello industriale, abbiamo un ruolo centrale. C’è poi la cosiddetta lunar economy: siamo in prima fila sia nelle infrastrutture (costruiamo a Torino, negli stabilimenti Thales Alenia Space, più dell’80% del Gateway lunare), sia nei servizi (Telespazio guiderà il progetto Moonlight) e in tecnologie indispensabili come la robotica. Possiamo inoltre mettere a disposizione supercalcolo, intelligenza artificiale e cloud per analizzare, anche nello spazio, la grossa mole di dati prodotti. Sono esempi di ambiti in cui è possibile connettere la digitalizzazione di Leonardo con le nuove frontiere della tecnologia spaziale.
Il vostro ceo, Roberto Cingolani, ha più volte fatto riferimento a una rivisitazione degli accordi della Space Alliance, che include le joint venture Telespazio e Thales Alenia Space. È verosimile un riassetto degli equilibri?
L’industria europea della Difesa e dello spazio è frammentata; investiamo meno e su un numero di piattaforme maggiore, abbiamo bisogno di creare più sinergie. Come spesso sottolineato da Cingolani, Leonardo intende giocare, e sta giocando, un ruolo di catalizzatore di nuove alleanze. Questo riguarda anche un settore strategico come lo spazio. L’Italia spaziale è un attore industriale forte e può di certo avere un ruolo trainante per un’Europa più competitiva a livello globale.
Mentre il 72% delle vendite spaziali globali è generato dai mercati istituzionali (Difesa, meteorologia e scienza), la Francia fa eccezione, con solo il 49%. Ma avere un mercato meno dipendente dalle risorse pubbliche non è indice di una competitività più alta?
Non necessariamente: il sostegno pubblico rimane cruciale per finanziare ricerca e sviluppo, soprattutto in aree strategiche come Difesa e sicurezza. Lo spazio non può prescindere da una visione di lungo termine. Il mondo istituzionale e quello commerciale dovranno convivere per favorire uno sviluppo sostenibile delle attività spaziali. Un modello più equilibrato tra sviluppo commerciale e visione istituzionale, come quello italiano, mostra elementi interessanti nello sviluppo dell’economia extra-atmosferica.
In effetti l’ecosistema spaziale italiano gode di finanziamenti e attenzioni crescenti: ritiene ci sia il rischio di ‘gonfiare una bolla’ o potremo mantenere una posizione solida anche in futuro?
Il rischio ‘bolla’ è sempre presente in settori ad alta intensità di investimento, in particolare se i finanziamenti non vengono utilizzati in modo efficiente per creare capacità a lungo termine. Ma non è questo il caso. L’ecosistema spaziale italiano ha basi solide: il nostro Paese ha una lunga tradizione ed è tra i pochi al mondo a coprire l’intera catena del valore. L’ecosistema comprende 12 distretti, impiega circa diecimila persone, più di 400 aziende, grandi imprese e pmi ad alta tecnologia, importanti centri di ricerca e rapporti virtuosi tra questi, l’industria, le università e le istituzioni. Grazie alla governance istituzionale, al comitato interministeriale e all’Agenzia spaziale italiana, il Paese ha le carte in regola per la partita della space economy dei prossimi anni.
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